Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
3 dicembre 2014 3 03 /12 /dicembre /2014 16:55
L'Islām:  storia e dottrina

Islām, secondo il senso etimologico, significa abbandonarsi a Dio, rimettere tutto se stesso a Lui, confidare nella sua misericordia e bontà.

Per comprendere bene il mondo musulmano, noi dobbiamo sempre considerare l’Islām sotto due aspetti fondamentali:

  • Islām come effettivo abbandono di se stesso a Dio.
  • Islām come religione costituita; pratica degli obblighi prescritti; professione espressa di appartenenza alla comunità.

Il mondo dell’Islām riunisce tutti i luoghi della terra, dove sono osservate le leggi coraniche, sia nel campo religioso sia nel campo espressamente giuridico. Da qui la propensione molto sentita nell’Islām a essere indistintamente religione e comunità temporale.

Saranno, pertanto, musulmani tutti coloro che appartengono alla comunità e non l’hanno tradita. Infatti, nel musulmanesimo, una cosa è l’appartenenza alla comunità, altra cosa è l’adesione intima del proprio essere a Dio. Per essere ritenuto musulmano è sufficiente l’appartenenza alla comunità costituita, anche perché solamente Dio può giudicare i cuori, che nel giorno del Giudizio saranno svelati.

Queste precisazioni possono farci comprendere una dimensione dell’Islām, che in qualche modo sorpassa la nostra mentalità di Occidentali: Un musulmano, che discute i valori della fede coranica fino a mettere in dubbio l’esistenza stessa di Dio, resterà un musulmano e in genere si sentirà sinceramente attaccato ai valori storici e culturali che l’Islām rappresenta. L’Islām sarà per lui come una grande patria terrestre. Arriverà persino a osservare pubblicamente le pratiche cultuali, non per ipocrisia, ma come testimonianza di ciò che lo fa essere se stesso.

L’Islam è nato a La Mecca.

Maometto, della tribù dei Quraish, cominciò a predicare ai suoi compatrioti il Dio Unico verso l’anno 610, all’età di circa quarant’anni. Egli era sposato con Khadija, ricca vedova meccana, e restò monogamo finché ella visse.

All’inizio solo Khadija e pochi altri seguaci credettero alla dottrina predicata da Maometto. L'Islām trovò l’opposizione aperta della maggior parte dei clan meccani, tanto che Maometto e i suoi adepti furono costretti a fuggire da La Mecca e si nascosero a Yatrib, Medina, nell’anno 622.

Questa fuga (hijra) sarà considerata la data d’inizio dell’era musulmana

I primi dieci anni dell’era musulmana furono caratterizzati da imprese diplomatiche e militari della nuova comunità e i meccani, finché nell’anno 10° si giunse a un accordo, anche perché molti meccani abbracciarono la nuova fede. Questo avvenimento fu commemorato con un pellegrinaggio a La Mecca.

Possiamo distinguere nella storia dell'Islām dei grandi periodi del suo sviluppo:   

I.  Il tempo del profeta Maometto. Esso comprende due sotto periodi: Meccano e Medinese. Il primo,    caratterizzato da persecuzioni verso i pochi adepti di questa nuova religione, il secondo, caratterizzato da attività diplomatiche.

ii.  Lo stato di Medina (632 - 661) diretto dai quattro primi califfi: Abu Bakr, ʽUmar, ʽUthmān e ʽAlȋ, cugino e genero del Profeta. Questo periodo assieme al III e al IV fu chiamato l'età d'oro della comunità islamica. In questi trenta anni vennero compiute grandi conquiste, come l'occupazione della Siria e dell'Egitto.

III. La dinastia degli Omayyadi e il suo impero (661 - 750). Le conquiste militari e l'espansionre territoriale si svilupparono sia verso oriente, giungendo fino ai confini dell'India e della Cina sia verso occidente, fino alle regioni meridionali della Francia. Gli Omayyadi invasero la Spagna. La Capitale fu trasferita da Medina a Damasco.

IV. L'Impero ʽAbbāsside (750-1258). Gli ʽAbbassidi scelsero come loro capitale  Baghdād, che divenne un centro di cultura e civilizzazione. In questo periodo abbiamo la figura del grande Saladino (Salah al-Dīn). Questo fu anche il tempo delle "Crociate" che furono attuate tra 1095-1270.

V. A partire dal 1250 abbiamo nei paesi musulmani l'invasione turco-mongola. Dapprima questi invasori erano Buddisti, poi a poco a poco furono islamizzati finché il Khan mongolo proclamò l'Islām religione di stato.

VI. Epoca moderna (XV - inizio XX secolo). Abbiamo la conquista di Costantinopoli da Mehmet II nel 1453. Data importante nella evoluzione culturale e politica dell'Islām. Inizia l'impero ottomano con capitale Istanbul e il Sultano prende il titolo di Califfo (capo religioso). Il Sultano estende la sua sovranità sull'Asia Minore, la Bulgaria, la Crimea...

VII. Epoca Contemporanea. Molti paesi musulmani conquistarono la loro indipendenza, come il Pakistan e l'Indonesia. L'islām continua ancora oggi la sua espansione, in particolare nell'Africa del nord.

Maometto morì nell’anno 632, lasciò quattro mogli legittime e cinque mogli onorarie e svariate figlie. A'ishah, la sposa preferita ebbe un ruolo notevole nella politica musulmana. Fatima, figlia molto cara a Maometto, sposò il cugino del profeta, ʾAli.

La religione dell'Islām consiste nella fede (al-īmān) e nella pratica (al-dīn).

Il credo religioso si fonda sui cosiddetti "I cinque pilastri dell'Islam (Arkān al-Islām)" è l'espressione usata, per indicare i cinque obblighi fondamentali che il musulmano osserva, ritenendoli atti essenziali per compiacere Dio (Allah), che li ha ordinati. Tali obblighi sono:

1.  La testimonianza di fede (Shahada)

2.  Le preghiere rituali (Salah o, in lingua persiana, Namāz)

3.  L'elemosina coranica (Zakat)

4.  Il digiuno durante il mese di Ramadan (Ṣawm o Siyam)

5. Il pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita, per tutti quelli che siano in grado di affrontarlo (Hajj).

Alcuni musulmani, principalmente appartenenti alla setta kharigita, sostengono che esiste un sesto pilastro dell'Islam, lo Jihad, che letteralmente significa "sforzo interiore", che può anche prendere il significato di "guerra santa",  ma della sua obbligatorietà si discute nella dottrina e nell'opinione pubblica musulmana.

Leggi i commenti

Condividi post
Repost0
27 aprile 2014 7 27 /04 /aprile /2014 18:10

Rendere Cristo realtà nella tua vita

 

Come possiamo rendere Cristo una realtà operante e viva nella nostra vita?

 

Attualizzare Cristo in noi, è seguirlo.

La sequela di Gesù richiede innanzitutto che evitiamo di vedere in Lui soltanto un esempio da imitare. Se Gesù fosse solo questo, resterebbe un estraneo a chi lo vuol seguire, poiché sarebbe un modello irraggiungibile.

Seguire Gesù è attualizzarlo nell'esperienza quotidiana del vivere, mossi dallo Spirito Santo.

Ricordiamo, a questo proposito, le parole di Paolo:

 

"Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!

La vita che vivo nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio,

che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Galati 2: 20).

 

Seguire Gesù è mettere in atto tutte le potenzialità di libertà e amore, che ci ha donato. Seguire Gesù è anche rendergli testimonianza. La testimonianza, però, non è proselitismo: non ci si relaziona con gli altri, annunciando Gesù per imporlo, ma perché l'amore ci spinge a dire ciò che è il senso più profondo della vita che noi abbiamo trovato nel Cristo.

 

Essere cristiani è uscire dal presente degli uomini verso l'Eterno?

 

No ... il cristianesimo è esattamente l'opposto: è il farsi presente dell'Eterno nelle umili e quotidiane storie degli uomini. L'incarnazione del Figlio di Dio non è una realtà commovente ma lontana da noi. Cristo è Dio in carne umana, che vive in noi, in mezzo a noi nella forza del suo Spirito. Tanto più saremo fedeli a Gesù, tanto più saremo fedeli alla storia degli uomini; servire veramente l'uomo è amare Cristo. In altre parole: se qualcuno amasse veramente Gesù, avrebbe in sé la carica spirituale per servire l'uomo.

 

Qual è il segno per riconoscere se abbiamo compiuto un progresso nel rendere attuale il Cristo nella nostra esistenza?

 

La risposta è semplice nella sua enunciazione ma difficile a essere messa in pratica. Dobbiamo esaminare se in noi è cresciuto l'amore vero e forte per i fratelli. E fratelli sono tutti gli uomini, in quanto figli dello stesso Padre.

Non fidiamoci dei tesori terreni che mai potremo dire interamente nostri. Oro, argento, bellezza, abilità sono esposti alla caducità, al cambiamento delle circostanze, persino alla ruggine e a essere rosicchiati dagli insetti.

Se confidassimo in queste cose, non staremmo attuando Cristo in noi e saremmo votati alla schiavitù e alla tristezza.

Gesù vuole renderci liberi e felici, diamo a Lui la nostra vita e viviamo riponendo in Lui la nostra fiducia.

 

 

Qual è la via per far nostra la salvezza portata da Gesù?

 

C'è un dilemma nella vita e nell'azione di ogni uomo. Ognuno di noi è, a volte morbosamente, attaccato alle proprie cose e ai propri punti di vista, questo atteggiamento si chiama egoismo, ma a lungo andare l'egoismo ci logora, senza che ce ne accorgiamo. Gesù, che ci offre e vuole sempre il nostro benessere fisico e spirituale, ci invita ad aprire a Lui il nostro cuore e i nostri pensieri, perché solo in Lui, eterna Parola di Dio, potremo spaziare nella eterna libertà e nell'amore infinito.

Lutero chiariva che credere significa lasciarsi far prigionieri dall'Invisibile.

 

Come si presenta Gesù a chi lo cerca con sincerità?

 

Gesù si presenta come il Vivente. Negli Atti degli Apostoli leggiamo delle affermazioni significative per il nostro personale incontro con il Signore:

 

"Agli Apostoli che aveva scelto, anche dopo che ebbe sofferto,

si presentò vivente con molte prove, facendosi vedere da loro per quaranta giorni,

 parlando delle cose relative al regno di Dio" (Atti 1: 3).

 

I discepoli sono raggiunti da un fatto che avviene e viene a loro, non da qualcosa che diviene in loro. Questo elemento, che possiamo chiamare "oggettivo", dovrà sempre restare in ogni incontro col Cristo, se non vogliamo che l'esperienza di Lui si risolva in una seduzione dello spirito.

In ogni incontro con Gesù c'è un itinerario spirituale che dobbiamo compiere per riconoscerlo. Pensiamo, ad esempio, ai discepoli di Emmaus: parlano con Gesù, il loro cuore è pieno d'entusiasmo, ma lo riconoscono soltanto allo spezzare il pane. Nel gesto della condivisione, della comunione, dell'amore.

 

Più volte torna nelle tue riflessioni la parola "Amore". Ritieni l'amore una realtà essenziale per rendere attuale Gesù nel nostro vivere?

 

Sì, ... e gentili ascoltatori, Gesù Cristo è il Figlio di Dio, è, in altre parole, l'eterno Figlio dell'infinito Amore.

Terminiamo queste nostre brevi riflessioni con una illuminante parola dell'apostolo Giovanni:

 

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio

e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio.

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è Amore.

In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio:

che Dio ha mandato il suo unigenito nel mondo,

affinché per mezzo di Lui, vivessimo  (1 Giovanni 4: 7 - 9).

Condividi post
Repost0
27 aprile 2014 7 27 /04 /aprile /2014 17:40

Gesù - Provocatore di libertà

 

La domanda ovvia, che sorge riflettendo su questo titolo, è in che modo Gesù ci aiuta a essere uomini liberi?

 

Nel cercare di penetrare il mistero-Gesù, il suo impatto nel nostro vivere quotidiano distinguerei, per spiegarci meglio,  tre grandi tappe nella vita del Cristo, le quali sono anche tre grandi provocazioni per gli uomini di oggi:

 

La prima, che vale anche per coloro che si dicono non credenti, è la scelta radicale della sua vita; non vive per se stesso, non annuncia se stesso, ma il Regno di Dio e accetta di donare la vita fino alla morte e alla morte sulla croce.

 

"Spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; ... facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce" (Fil 2: 7,8).

 

In tal modo Gesù si mostra radicalmente libero da sé, libero di amare.

 

Sappiamo che Gesù ha avuto nella sua esistenza terrena dei momenti oscuri e dolorosi. Forse in quei momenti il suo dono agli altri potrebbe aver avuto qualche cedimento. Che cosa possiamo dire?

 

Anche nel massimo della prova, nel Getsemani, quando la sua umanità sembra cedere, c'è sì come una richiesta d'aiuto al Padre, ma non si tira indietro nella determinazione di compiere la volontà di Dio e il servizio ai fratelli.

 

"Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice!

Però, si faccia non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi" (Mc 14: 36).

 

Questo versetto ci mostra un uomo, che è totalmente libero da sé, libero per esistere nell'amore, nel dono agli altri, nel servizio a Dio; libero nella libertà dell'amore. Possiamo cogliere qui una provocazione per gli uomini del nostro tempo. Cristo è provocazione alla libertà, a dare alla propria vita un senso che non sia quello del possesso, dell'egoismo, che sia invece il senso dell'amore, dell'esistere come dono.

Credo sia utile per noi ascoltare alcune frasi che il pastore luterano Bonhoeffer ha scritto sulla missione della Chiesa:

 

"La Chiesa è Chiesa solo se e in quanto esiste per gli altri".

"La Chiesa deve collaborare ai doveri della vita sociale: non dominando, ma aiutando e servendo".

"La Chiesa deve dire agli uomini di tutte le professioni; che cosa è una vita con Cristo, che cosa significa esserci per gli altri".

"Ci vogliono uomini, che pregano e operano secondo giustizia e attendono il tempo di Dio".

"Il dolore e la gioia appartengono alla polifonia della vita".

"Dobbiamo rivisitare il passato, non da soli, ma in compagnia di Dio".

 

Abbiamo visto la prima provocazione alla libertà interiore che Gesù propone agli uomini del nostro tempo, vediamone ora la seconda.

 

La seconda tappa ci fa cogliere come Cristo concretizzi la libertà radicale  dell'esistere per gli altri in uno stile di vita che i maestri spirituali chiamano povertà interiore. Gesù è stato radicalmente libero dalle cose, nasce e muore povero. Libero dagli altri, non li avvicina mai per possederli, ma per donare loro la libertà dell'amore. Ecco perché è capace di accogliere gli emarginati, i miseri, che non hanno nulla da offrire, poiché li accoglie nella povertà dell'amore.

Il Signore vuole che comprendiamo che non esistiamo per noi stessi, ma che veniamo "da" e andiamo "verso". Una povertà che si nutre nella dimensione del dono.

 

Ci hai indicato tre tappe, che al contempo diventano provocazioni per l'uomo, tre momenti presenti nel cammino spirituale di Gesù. Ne abbiamo chiarite due, manca la terza. Qual è?

 

La terza tappa e terza provocazione alla libertà, Gesù la realizza in rapporto al mondo politico-culturale del suo tempo. La Palestina del tempo è un paese di forti contrasti: la classe dominante, connivente con l'occupante romano, la gran massa della povera gente e i gruppi o movimenti rivoluzionari. Di fronte a tale situazione, che più o meno possiamo ritrovare anche ai nostri giorni, le scelte di Gesù sono chiare: è scomodo per i detentori del potere, tanto che è il sinedrio a condannarlo. Gesù paga perché annuncia i diritti dei poveri. Gesù nei confronti dei rivoluzionari presenta delle caratteristiche comuni. È, tuttavia, ben più rivoluzionario dei rivoluzionari, perché contesta l'iniquo ordine presente non in nome di un altro possibile ordine, ma in nome del radicale primato di Dio, padre di tutti e giustizia per tutti.

 

Che cosa, allora, ci indicano tutti gli atteggiamenti di Gesù, che si apre alla libertà più radicale, che va verso gli ultimi, i poveri della terra in nome della paternità universale di Dio, che contesta i potenti e i dominatori?

 

Tali atteggiamenti ci mostrano un Gesù orientato all'avvento del Regno di Dio e libero rispetto a pregiudizi, calcoli, logica di potere di questo mondo.

La libertà di Gesù, il suo vivere per il Regno, il suo essere in uno stile di vita povero, il suo stare dalla parte degli ultimi non è soltanto modello per noi di un modo di vivere; Gesù è anche il nostro liberatore, perché è Figlio di Dio, e in quanto tale dona a noi la capacità personale di poter vivere il nostro cammino verso la libertà.

Condividi post
Repost0
3 dicembre 2013 2 03 /12 /dicembre /2013 10:34

Gesù, icona del Padre 

La Scrittura attesta che Cristo è l'unigenito Figlio del Padre.

Una domanda viene spontanea in che modo Dio genera?

 

 È ovvio che Dio non genera come generano gli uomini, ma come genera Dio. Non è Dio, infatti, che imita gli uomini, piuttosto gli uomini vengono detti padri dei loro figli in relazione a Dio, che in senso proprio e vero è padre di suo Figlio; poiché da Lui prende nome ogni paternità in cielo e sulla terra.  


Si potrebbe, come fa Ario nei suoi scritti, dire che Dio è diventato Padre?

 

No, assolutamente no, Dio non diventa padre, Dio è Padre. Chiamare Dio "Padre" non significa predicare qualcosa di accidentale in Lui, come avviene per l'uomo. Dio è l'unico a essere Padre per essenza. Dio, pertanto, è eternamente Padre e il Figlio sarà a Lui coeterno. La paternità divina deve essere intesa "in maniera divina", e il Figlio deve possedere le qualità divine del Padre.

 

Queste chiare affermazioni che cosa implicano?


Consideriamo le qualità proprie del Padre: il Padre è eterno, immortale, onnipotente, luce, Signore, Creatore... Tutto ciò deve ritrovarsi nel Figlio, affinché chi ha visto il Figlio abbia visto in verità il Padre.

Filippo Gli disse: "Signore, mostraci il Padre e ci basta"

Gesù gli rispose: "Da tanto tempo sono con voi,

e tu non mi hai conosciuto, Filippo?

Chi ha visto me, ha visto il Padre;

come mai tu dici: "Mostraci il Padre"? (Gv 14: 8, 9)

 

 Trovandosi i discepoli di fronte a Gesù, si trovano di fronte a una perfetta immagine, a cui non manca nulla della perfezione del modello originario.

Dio ha una immagine di se stesso, che Gli è in tutto uguale in dignità ed essenza. 


Tra Padre e Figlio, dunque, vi è una perfetta comunione di essere. Il Figlio è "Dio vero da Dio vero", unico Figlio e immutabile immagine del Padre.

La difficoltà sorge quando pensiamo che il Figlio è una persona del tutto uguale al Padre: un altro Dio? Noi non crediamo, però, che esistano due Dei: Padre e Figlio, ma un solo Dio.

Come conciliare una pluralità di persone e l'unità in Dio? 

 

La risposta chiarificatrice è nella distinzione, che va tenuta presente, tra sostanza e persona.    

Dobbiamo, ora, ben chiarire questi concetti e cercheremo di farlo in breve e nella maniera più abbordabile.

Vi sono due specie di concetti: gli uni designano più cose collettivamente, poiché nominano ciò che è comune a esse, ad esempio "uomo". Gli altri designano qualcosa di specifico, ad esempio i nomi personali "Pietro, Paolo ...", le diverse persone.

Con il termine essenza o natura indichiamo ciò che è comune a tutti gli uomini, l'umanità; col termine persona indichiamo qualcosa di specifico: questa persona non è quell'altra, come Paolo non è Pietro. In altre parole, possiamo determinare la persona dalle caratteristiche che la connotano. 

 

Venendo al nostro tema: come le persone divine, Padre e Figlio, possano venire distinte in forza di caratteristiche personali?

 

Si tratta di cercare ciò che contrassegna in modo distintivo le persone divine, pur considerandole nella loro assoluta unità.

La Scrittura ci può condurre a credere che l'unigenito Figlio è il dispensatore di tutto il bene: perché

"tutto è stato fatto per mezzo di Lui" (Gv 1: 3)

 e "ha in Lui consistenza"  (Col 1: 17)

Il Figlio, però, non è la sorgente ultima dei doni di Dio, perché è vero che tutto ciò che esiste è stato creato dal nulla per mezzo del Figlio, ma non nel senso che il Figlio ne sarebbe l'imprincipiata origine. Questa inoriginata origine è il Padre, è la prima fonte come origine ingenerata. Il Figlio è l'essere generato dal Padre. Il proprio del Padre e del Figlio è, dunque, la modalità propria secondo la quale esse si pongono in relazione.

 

È nella relazione che il Padre ha con il Figlio e il Figlio con il Padre, il Padre in quanto genera e il Figlio in quanto generato, che viene suscitata la distinzione personale del Padre e del Figlio.

Da qui sorge un nuovo quesito: Come può la persona del Figlio in ciò che costituisce la sua qualità più specifica, essere immagine del Padre? 

 

La Scrittura c'insegna che solo il Figlio conosce e rivela il Padre. Se si vuole conoscere la persona del Figlio nella sua caratteristica più intima, ci si deve chiedere in qual senso e in quale modo Egli sia immagine del Padre.

C'è il noto testo della lettera agli Ebrei, che c'illumina su questa nostra ricerca.


"Egli (Cristo) è irradiazione della sua (cioè di Dio) gloria

e impronta della sua persona" (Ebrei 1: 3).

  

Ogni impronta ha bisogno di una forma che l'imprima. È la forma, cioè le caratteristiche del Padre, che sono impresse nel Figlio e soltanto così Egli è l'impronta della persona del Padre.

La nozione di icona, di immagine, non potrebbe essere conservata, se essa non mantenesse una somiglianza espressa e inalterata, affinché colui che contempla la bellezza dell'immagine giunga anche alla conoscenza del modello originario.

Chi ha compreso la forma del Figlio, cioè la caratteristica propria del Figlio, vi trova impressa anche l'impronta della persona del Padre; in un certo senso vede l'Uno nell'Altro: vede il Padre nel Figlio, proprio mentre contempla il Figlio nella sua specificità di Figlio.

    
Condividi post
Repost0
5 agosto 2013 1 05 /08 /agosto /2013 10:19

Prefazione

 

Alcuni antichi scrittori ecclesiastici, parlando della preghiera, affermano che essa è arte.

La preghiera è un’espressione artistica, la quale non ha per oggetto delle forme o dei suoni ma Dio: l’Invisibile, l’Inafferrabile.

 Posso riprodurre un tramonto nella maniera più perfetta, nei minimi particolari, senza per questo fare arte, parimenti posso dire di Dio le sue qualità, la sua essenza, senza per questo pregare.

Faccio arte, quando riesco a trasmettere sulla tela le mie emozioni e le trasmetto così vive da suscitare emozioni a chi nei secoli contemplerà il mio quadro.

Prego, nel momento in cui le qualità di Dio, la sua ineffabile essenza si traducono nella sublimità dell’Amore, addivenendo somma emotività.

 

Non potrò mai avere il privilegio di pregare, di conoscere quest’arte sublime finché ripongo me stesso al centro del mondo. Pregare è innanzi tutto riconoscere Dio, come un sole, al centro del mio universo spirituale; è avvicinarmi a Lui anche nel senso di accoglierlo, di lasciarmi conquistare, tanto che la mia stessa volontà umana viene a coincidere con la sua divina volontà. Ed è allora ch’Egli esaudirà ogni mia richiesta.

 

Il teologo Badenas ci propone l’impatto “casuale” di un giovane apostolo con Gesù che pregava:

 

Gesù in preghiera Sì, Gesù era lì. E pregava.

L’intruso si fermò come paralizzato senza poter reagire né muoversi.

Il sentimento di una presenza, che lo pervadeva completamente, lo aveva sorpreso. Non poteva sottrarsi a essa né smettere di fissare, nei suoi occhi, la scena.

Era come se il tempo si fosse fermato in quegli occhi chiusi, trattenuto fra quelle rocce e sospeso al filo dell’eternità.

L’espressione di Gesù lo aveva magnetizzato. Si sarebbe detto che guardasse dentro di sé, concentrato su qualcosa che sembrava riempire l’intero suo essere. Non c’era, tuttavia, nessuna tensione nei suoi gesti.

Era evidente che Gesù era in contatto con Qualcuno, che Gli donava forza, energia, potere…Vita.

Il giovane ebbe un tremito. Quel luogo solitario, solcato dagli improvvisi voli di uccelli, era abitato da Qualcuno immensamente grande…

 

Nel corso della sua vita con Gesù, quell’apostolo avrebbe appreso che nella vita religiosa si può rinunciare ad alcuni aspetti rituali, ma che occorre sempre cogliere l’essenza della spiritualità, qualcosa che si può conservare anche nella solitudine più profonda, in carcere, quando non puoi contare su niente e su nessuno, quando in definitiva, puoi fare a meno di tutto tranne che della preghiera, vero cibo dell'anima.

                                            (Incontri con Cristo, pp. 57, 58).

 

Quel giovane apostolo aveva contemplato la sublime opera d’arte segnata sul volto di Gesù che pregava. Era un quadro suggestivo, perfetto nelle sue forme, carico di un’espressività che coinvolgeva. Armoniosa visione, che, commuovendo, elevava il pensiero. Musica invisibile, inafferrabile, impalpabile, che inebriava lo spirito.

  

La preghiera, arte spirituale che, meglio d’ogni altra attività umana,

ci avvicina a Dio e ci mette in sintonia con Lui.

 

Per apprendere l’arte della preghiera ci vuole tanta umiltà. Non siamo nati uomini di preghiera. La possibilità di saper pregare è condizionata alla nostra volontà di conoscere e assaporare l’amicizia di Dio.

La preghiera può essere spontanea nella misura in cui io mi lascio cambiare, trasformare dallo Spirito. Occorre che lo Spirito Santo faccia “breccia” nel nostro cuore, affinché nasca una sinfonia tra noi e Dio, un incontro d’amore.

 

Leggiamo un brano del Cantico dei Cantici, lasciandoci immergere nel suo incanto scopriremo che cosa meravigliosa noi siamo agli occhi di Dio:

 

amiciziaeq6"Sposa mia, le tue labbra stillano miele, 

 miele e latte sotto la tua lingua:

 l’odore delle tue vesti

 è come l’odore del Libano.

 O mia sorella, o sposa mia,

tu sei un giardino serrato,

una sorgente chiusa, una fonte sigillata.

I tuoi germogli sono un giardino di melagrani

e di alberi di frutti deliziosi

             ………………………………………

 

Tu sei una fontana di giardino,

una sorgente d’acqua viva,

un ruscello che scende giù dal Libano.

Sorgi, vento del nord, e vieni, vento del sud!

Soffiate sul mio giardino,

perché se ne spandano gli aromi!”

                  (Cantico dei Cantici  4: 12 - 16).

 

 

 

Nel libro di Isaia ci viene descritto, ancora più chiaramente, il forte desiderio che il Signore-Iddio ha di possedere il suo popolo nell’amore:

 

 

mano dell'uomo nella mano di Dio “Sarai una magnifica corona

      nella mano del Signore,

          un diadema regale

        nella palma del tuo Dio.

       Nessuno ti chiamerà più

             “abbandonata”,

     né la tua terra sarà più detta

               “devastata”,

       ma tu sarai chiamata

       “mio compiacimento”

             e la tua terra

                “sposata”,

    perché si compiacerà di te

                il Signore

  e la tua terra avrà uno sposo.

          Sì, come un giovane

             sposa una vergine,

  così ti sposerà il tuo Creatore;

       come gioisce lo sposo

             per la sposa,

      così per te gioirà il tuo Dio”.

                        (Isaia  62:  3 - 5).

 

 

È solo in questo straordinario incontro d’amore fra la nostra e la Sua vita

che nascerà spontaneamente una preghiera vera.

Condividi post
Repost0
13 luglio 2013 6 13 /07 /luglio /2013 14:04

Introduzione

 La Preghiera è:  -   elevazione dell’essere a Dio.

                               -   aprire totalmente se stessi a Dio

                  (Aprirsi a Dio è sempre anche immergersi in Lui).

 Solo quando abbiamo posto tutta la nostra vita nel cuore di Dio, possiamo attendere la sua parola

 e metterci in ascolto.

                                                                  Come ci parla Dio?

 

Chiese Cristiane a.     Dio parla all’interno di noi.

 b.    Dio ci parla attraverso la creazione:

        la bellezza e la bontà

 c.    attraverso la S. Scrittura. 

        I Sacri Testi, scritti dall’autore sacro

       (agiografo) sotto l'ispirazione

       dello Spirito Santo,

       possono essere compresi soltanto

       con l’aiuto del medesimo Spirito.

 d.   d.  in Gesù Cristo - Parola eterna di Dio,

                                 fatta carne.

 

La preghiera è colloquio con Dio.

Noi interroghiamo Dio - Egli risponde.      

Dio si fa presente al nostro spirito nel suo mistero:

                                                           noi cogliamo il suo messaggio

                                                                  e, reagendo, rispondiamo.

   

Vogliamo misurare il cammino che abbiamo fatto nelle vie della spiritualità?

                 Interroghiamoci con sincerità: in quale misura noi sentiamo vivo il bisogno di pregare?

                 È questo il metro che indica lo spessore della nostra vita interiore.

 

 

 Leggiamo ora alcuni versetti di un “Negro Spiritual”,

 che mette l’accento sul nostro, intimo, personale bisogno di pregare:  

 

pregareSono io, sono io, sono io, o Signore,

che ho bisogno di pregare,

sono io, sono io, sono io, o Signore,

e ho bisogno di pregare.

 

Non mia madre o mio padre, ma io, o Signore,

ho bisogno di pregare.

Non mia madre o mio padre, ma io, o Signore,

ho bisogno di pregare.

 

Non il diacono o il mio capo, ma io, o Signore,

ho bisogno di pregare,

non il diacono o il mio capo, ma io, o Signore,

ho bisogno di pregare.

 

Sono io, sono io, sono io, o Signore,

che ho bisogno di pregare,

sono io, sono io, sono io, o Signore,

e ho bisogno di pregare.

 

Da dove partiamo per pregare?

Dal profondo di un cuore umile e contrito.

   

Dove si rivela la preghiera?

La meraviglia, il miracolo della preghiera si rivela presso i pozzi, dove andiamo a cercare acqua viva.

 Avere sete di Dio 

“Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice:

- Dammi da bere! –

tu stessa gliene avresti chiesto,

ed Egli ti avrebbe dato dell’acqua viva”

                                                                (Giovanni  4: 10).

“Il mio popolo, infatti, ha commesso due mali:

ha abbandonato me, la sorgente d’acqua viva,

e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate,

che non contengono l’acqua”

                                                              (Geremia  2: 13).

 

 

                                                                                  Preghiera e Fede   


Preghiera e fedeLa preghiera è una necessità della fede,

in quanto la preghiera è implicita nella fede. 

Se abbiamo fede, noi preghiamo.

Che cosa facciamo, allorché preghiamo?      Diventiamo consapevoli della nostra fede.  

Poniamo in atto la fede.

Attualizziamo in noi la fiducia in Dio.

Spalanchiamo le porte alla speranza.

Facciamo dono di noi stessi a Dio.

 

Diamo, in definitiva, alla nostra fede espressione verbale: interiormente od esteriormente.

Diventiamo dei veri oranti, quando liberati interiormente, accogliamo Dio, che viene in noi, per fare Lui la nostra preghiera. 

 

                                         

Pregare è uno sguardo di speranza,

una speranza che si apre al di là dei confini del nostro mondo d’uomini,

perché pregare è aprirsi all’infinito, superando la nostra dimensione umana.

Pregare è uno sguardo d’amore, che si perde nell’Amore assoluto,

ricreando ogni volta il nostro amore.

Condividi post
Repost0
1 luglio 2013 1 01 /07 /luglio /2013 20:55

Sete di Acqua viva

 

Nella Bibbia troviamo molti esempi di fratelli e sorelle, ma, forse, il racconto più toccante è quello che ci presenta le sorelle di Lazzaro: Marta e Maria, che vivono a Betania.

Leggiamo l’incontro che Gesù ha con le due sorelle nel Vangelo di Luca 10: 38 - 42:

 

“Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio;

 e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua.

Marta aveva una sorella chiamata Maria,

 la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola.

Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse:

 «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?

 Dille dunque che mi aiuti».

Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni

e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria.

Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta».

 

Possiamo comprendere i sentimenti di Marta! Marta desiderava che tutto fosse perfetto per il suo ospite, e credo che ogni donna, qui, possa capire le sue intenzioni.

 

Voleva che la sua casa fosse pulita, accogliente; voleva avere del buon cibo da offrire al Maestro, e dava il meglio di se stessa per questo obiettivo.

 

Nella “Speranza dell’Uomo”1  viene detto che Marta era ansiosa

di provvedere al benessere dei suoi ospiti.

Credo che volesse mettere Gesù a suo agio e renderlo felice.

Le sue intenzioni erano ottime.

 

Come sarebbe bello e vivibile il nostro pianeta, se ognuno di noi volesse farvi sentire il Signore a suo agio, felice. Ricordate anche che Gesù ha detto: “Quello che farete al più piccolo dei miei fratelli, lo avrete fatto a me”. Che accadrebbe se ognuno volesse rendere felice Gesù, che vive in noi e tra noi?

 

La “Speranza dell’uomo” ci dice anche che Gesù aveva un affetto intenso per la famiglia di Betania… si recava spesso in casa di Lazzaro; Gesù non aveva una sua casa  e dipendeva dall’ospitalità degli amici… Spesso quando era stanco e sentiva il bisogno di simpatia, si rifugiava  volentieri in quella casa tranquilla.

 

amiciziaÈ incoraggiante notare che Gesù aveva bisogno di amicizia ed ospitalità.    Talvolta sento dire che Dio dovrebbe bastarci, che se avessimo un rapporto vero con la Divinità, non avremmo bisogno di altro. Sappiamo, però, che Gesù dipendeva dall’ospitalità degli amici, non solo desiderava ospitalità, ma dipendeva da essa, ne aveva bisogno. Nessuno ha mai avuto né potrà avere un rapporto con Dio più forte di quello di Gesù, eppure Gesù aveva bisogno di amici, proprio come noi. Aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse.

 

Ricordiamoci! È importante ammettere che abbiamo bisogno gli uni degli altri.

 

Proviamo a immergerci ancora di più nella storia di Betania, per capire meglio che cosa sta succedendo.

 

Gesù ed i suoi discepoli entrano in quella casa, stanchi, affamati, assetati. E un uomo assettato beve molto; un uomo affamato mangia molto… Se pensiamo che allora non c’erano succhi di frutta in bottiglia, acqua corrente, frigorifero, piatti e tovagliolini di carta… ci rendiamo conto che Marta fosse veramente indaffarata; non era strano che cercasse aiuto, e da chi, se non da sua sorella? Ma Maria aveva sete di Acqua Viva.

 

 

                   CASCATA “I miseri e poveri cercano acqua,

                              e non ve n’è,

    e la loro lingua è secca dalla sete;

  Io, l’Eterno, li esaudirò.

Io, il Dio d'Israele,

 non li abbandonerò.

 Io farò scaturire dei fiumi 

sulle nude alture,

   delle fonti in mezzo alle valli;

    farò del deserto uno stagno,

            della terra arida una terra di sorgenti”

                                     (Isaia 41: 17 - 18).

 

 

Queste parole dell’Antico Testamento vengono riprese in prima persona da Gesù, che risponde ai nostri bisogni:

 

             “Chi beve dell' acqua che io gli darò, non avrà mai più sete;

          anzi, l' acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d' acqua,

che scaturisce in vita eterna» (Giovanni 4: 14).

 

Cascata 3

 

Gesù vuole darci acqua in abbondanza, per la nostra sete.

Egli desidera che sappiamo con certezza dove procurarci questa acqua.

E noi? Abbiamo sete di acqua viva?

Oppure ci accontentiamo dell’acqua delle cisterne?

Forse alcuni tra noi stanno attraversando una crisi spirituale.

Facciamo nostri i versetti che abbiamo appena letto.

Soltanto Gesù può darci acqua in abbondanza, per spegnere la nostra sete.

 

 

È la frase finale di Gesù, che dovrebbe essere il programma base d’ogni esistenza e d’ogni comunità cristiana nell’azione e nella contemplazione:

“Una sola cosa è necessaria,

Maria ha scelto la parte buona, che non le sarà mai tolta”

L’evangelista Giovanni ci riporta quasi come una eco di questa frase del Signore:

“Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna,

e che il Figlio dell’uomo vi darà”   (Gv 6: 27).

In tutte le vocazioni e in tutti gli stati della vita è indispensabile l’atteggiamento dell’ascolto della Parola sia che noi siamo avvolti nel groviglio delle diverse attività umane, oggi, sempre più frenetiche sia che viviamo una vita più tranquilla, fatta di un lavoro, che c’è addivenuto familiare, dobbiamo sempre tenere aperto un canale di comunicazione con l’Infinito.

Il teologo K. Rahner nel suo affascinante libro “La fede in mezzo al mondo” che invito tutti a leggere, si pone una domanda fondamentale:

 

“Abbiamo mai fatto veramente l’esperienza della grazia?

Non vogliamo alludere, si badi, ad un generico sentimento di devozione o a una esaltazione religiosa di tipo festivo, e nemmeno a una qualunque consolazione, intrisa di dolcezza, ma all’esperienza della grazia vera e propria; cioè a quella visitazione dello Spirito Santo,…la quale in Cristo, grazie alla sua incarnazione e immolazione in croce, è divenuta realtà”.

 

Questa comunicazione in noi di Dio, come spesso ci ricorda l’apostolo Paolo, ci trasforma in un Cristo vivente nel tempo e nello spazio, e induce ognuno di noi a essere parte del Corpo di Cristo, che trascende la storia, e diviene realtà perenne di annuncio della Parola “Evangelo eterno di salvezza”.

La nascita e la crescita del vero cristiano fioriscono non in una pianta, che mette le sue radici in uno spazio indeterminato, ma in una forte esperienza di fede e di amore, che illumina il tempo e la storia.

 

Torniamo, però, alla casa di Betania, dove ci sono Marta, con tanto lavoro da fare, che cerca sua sorella, e Maria che se ne sta tranquilla a conversare con Gesù.

 

Marta e MariaSe tu fossi stata Marta, che cosa avresti fatto? Avresti chiamato Maria sottovoce, gentilmente? Forse le saresti andata vicino, e avresti sussurrato al suo orecchio, per non metterla in imbarazzo: “Maria ti dispiacerebbe aiutarmi? Maria, ho bisogno di te!”

 

Marta fa una cosa inaspettata, da persona tagliata con l’accetta, se ne va dritta, dritta da Gesù e non Gli chiede, anzi, quasi Gli ordina: “Dille di venirmi ad aiutare!”. Sembra che voglia far sentire Gesù colpevole: “Mentre Tu ti sollazzi con Maria io, qui, sto crepando di lavoro!”

 

 

Marta, la sorella di Maria, conosceva tutto di lei

e sapeva ciò di cui Maria aveva bisogno.

Anche io ho gli stessi suoi bisogni.

Anche tu, che leggi queste note,

hai gli stessi bisogni di Maria,

perché siamo tutti nella stessa barca.

Abbiamo bisogno di sederci ai piedi di Cristo!

Abbiamo bisogno di essere in Lui, con Lui;

di imparare da Lui e attraverso Lui,

Parola vivente.

 

     Maria quel giorno sapeva ciò di cui aveva bisogno e cercava di ottenerlo.

 

E … di cosa aveva bisogno, Marta, quel giorno?

                       Marta credeva di aver bisogno di aiuto in cucina,

                       ma in realtà, anche lei aveva bisogno

                       di sedersi ai piedi di Cristo.

 

Mi piace molto il seguito di questa storia. Gesù capisce i sentimenti di Marta. Avrebbe potuto dirle: “Stai calma Marta, Maria presto verrà ad aiutarti”.

Ma Gesù le rispose:

“Marta, Marta, tu ti affanni e ti inquieti di molte cose,

ma una sola è la cosa necessaria.

Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta”.

 

Facciamo attenzione! Non c’era nulla di sbagliato in quello che Marta faceva. Il problema è, soltanto, il suo atteggiamento interiore, non le sue azioni, forse in quel momento necessarie. Il suo problema non è in ciò che sta facendo, ma in ciò che sta scegliendo di fare come prima  cosa nella sua vita.                      

Il problema è nelle priorità che diamo al nostro vivere.

 

Molti di noi amano essere impegnati; ci piace darci da fare, siamo buoni esempi per l’etica del lavoro, ed è parte della nostra eredità cristiana. Sembra facile essere delle “buone Marta".

 

Marta Maria e GesùMarta era una lavoratrice, sapeva che cosa andava fatto e lo faceva.  

 

Ma, permettetemi di dirvi che non sarete mai una “vera Marta”,

fino a quando non vi sarete come Maria, seduti ai piedi di Cristo.

                                                   

 Maria voleva contemplare,

 aveva bisogno di contemplare.

 Il più grande desiderio di Maria

 era di stare con Cristo,

 sedersi ai suoi piedi;

 Dio l’aveva chiamata,

 e lei stava rispondendo.

 

 

Dio ha un piano per le nostre vite,

vuole che collaboriamo con Lui.

Desidera lavorare insieme con noi.

Nondimeno, prima di tutto,

inginocchiamoci, adoriamo, amiamo,

preghiamo e contempliamo.

        

E.G.White, La Speranza dell’uomo, Edizioni ADV 1998, cap LVIII.

Condividi post
Repost0
19 maggio 2013 7 19 /05 /maggio /2013 18:28

Il “Padre  nostro”

 

 

La preghiera del “Padre nostro” è il modello di ogni preghiera cristiana e suo criterio di giudizio.

Il cristiano deve rivolgersi a Dio anche con altre parole, affinché la sua preghiera sia più personale, più sentita e più vera, senza mai, però, contraddire o ignorare questa fondamentale preghiera.

 

Nel brano evangelico di Luca 11: 1 - 13, possiamo rilevare nove frasi

che propongo alla vostra riflessione:

 

amiciziaeq6 1.     Signore, insegnaci a pregare

 2.     Quando pregate, dite.

 3.     Dio è Padre.

 4.     Padre che è nei cieli.

 5.     Sia santificato il suo nome.

 6.     Venga il suo regno.

 7.     Chiedete e vi sarà dato.

8.            8.      Ci venga dato oggi

         il nostro pane quotidiano.

 9.     Il Padre vostro celeste

         darà lo Spirito Santo

         a  coloro che glielo chiedono.



1.   Insegnaci a pregare

 

Il bene ha in sé una straordinaria forza comunicativa. 

I discepoli, notando l’incanto e la pace che trasparivano in Gesù, raccolto in preghiera, vengono conquistati da questa forza meravigliosa e chiedono al Maestro d’insegnare loro a pregare.

 

 

2.     Quando pregate, dite

 

Gesù non fa un discorso sulla preghiera; propone molto concretamente una preghiera: breve, lineare e, allo stesso tempo, densa di contenuto e suggestiva.

  

 

3.     Dio è Padre

 

La grande rivelazione che Dio è Padre, viene evocata dalla invocazione con cui la preghiera inizia.

      

In molte religioni Dio viene invocato come “Padre”. Spesso la somma divinità è considerata come “padre degli dei e degli uomini”.

 

Presso Israele, Iddio è chiamato Padre, in quanto Creatore del mondo (Deuteronomio 32: 6;  Malachia 2: 10).

Ancor più Dio è Padre in forza dell’alleanza e del dono della legge fatto ad Israele, suo “figlio primogenito” (Esodo 4: 22).

In modo del tutto particolare Egli è “il Padre dei poveri, dell’orfano, della vedova”, i quali sono sotto la sua protezione amorosa (Salmo 68: 5).

 

Nella Cristianità l’appellativo di Dio più comune e frequente è Padre. Nessuno è Padre quanto Dio.

Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggio della fede mette in luce soprattutto due aspetti:

                      a.   Dio è origine primaria di tutto e autorità trascendente.

                      b.   Dio è bontà e sollecitudine d’amore per tutti i suoi figli.

 

Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l’immagine della maternità, la quale indica ancora meglio l’intimità tra Dio e la sua creatura.   (cfr.  Isaia 66: 13;  Sl  131:  2). 

 

[Il linguaggio della fede si rifà così all’esperienza umana dei genitori, che, in certo qual modo, sono per l’uomo i primi rappresentanti di Dio].

L’esperienza, però, mostra anche che i genitori umani possono sbagliare e sfigurare il volto della paternità e della maternità.

 

Conviene, pertanto, ricordare che Dio trascende la paternità e la maternità umane, pur essendone l’origine e il modello: Nessuno è padre quanto Dio.

 

Gesù ha rivelato che Dio è Padre anche in relazione a se stesso: Dio è eternamente Padre in relazione al Figlio suo unigenito, il quale, a sua volta, non è Figlio che in relazione al Padre.

 

 

4.   Padre che è nei Cieli

 

Non si tratta, evidentemente, di una collocazione spaziale, Dio è dappertutto. Si vuole sottolineare che Dio domina tutto, in quanto ne è il Creatore.

 

 

5.    Sia santificato il suo nome

 

Poiché il Padre è Santo, dotato di ogni perfezione, la sua santità deve essere riconosciuta e proclamata da tutte le creature.

Il “Santo”, nel suo carattere primordiale, è ciò che è necessario ed estremamente libero al contempo, anche nei nostri riguardi:

Necessario, in quanto soltanto il ricorso al “Santo” può garantire il senso dell’esistenza e del mondo in generale.

Libero, in quanto la salvezza non può essere oggetto di esigenza nell’uomo, nessun uomo è costretto a salvarsi. Nondimeno la salvezza può essere desiderata e sperata per grazia. Essa è opera del “Santo”, in quanto sacro fondamento dell’essere.

 

L’Antico Testamento vede la santità di Dio come un intervento esercitato nella storia del suo popolo, per sé destinato alla salvezza.

Il Santo d’Israele è Ihwh, in quanto fa di questo popolo, il suo popolo, inserito sì nella storia, ma da essa separato, poiché appartiene al Sacro.

 

Il Nuovo Testamento si attiene al linguaggio dell’Antico, ponendo, però, la distinzione  fondamentale che la salvezza definitiva è data unicamente in Gesù, il Santo di Dio.

 

Ne consegue che resta vero l’assioma che il Santo di Ihwh è Israele, ma da Israele e in Israele doveva sorgere il Cristo.

 

 

6.        Venga il suo regno

 

Il Padre è re. Si invoca la manifestazione su tutti del regno di Dio, che si realizza nel compiere “la sua volontà come in Cielo così in terra”.

 

Appartenere al regno del Padre è possedere la salvezza, che si estende a tutti gli aspetti della nostra vita, fino alle esigenze più profonde:

Il Padre ci purifichi e ci renda nuovi, perdonando i nostri peccati, e dandoci la forza per superare le tentazioni.

C’è però una condizione per chiedere il perdono di Dio, c’impegniamo a estendere il perdono a tutti quelli che ci hanno danneggiato:

perdonati, perdoniamo.

 

 

7.   Chiedete e vi sarà dato

 

Un atteggiamento fondamentale che dobbiamo avere nella preghiera è la perseveranza.

L’insistenza nel chiedere mostra che crediamo nella bontà del Padre, accresce la nostra fede e purifica la nostra richiesta.

        

 

        8.   Ci venga dato, oggi, il nostro pane quotidiano

 

Chiediamo nella preghiera del “Padre nostro”, propostaci da Gesù, il pane materiale, importantissimo, lo sanno le migliaia di persone che stanno morendo di fame. Quale sciagura!

Pensarci, ci dovrebbe impedire di cantare i nostri inni, ci dice il poeta Quasimodo in una sua poesia, che fa da eco ad un antico salmo che poi citeremo:

 

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio,
al lamento d'agnello di fanciulli,
all'urlo nero della madre che andava
incontro al
figlio crocifisso sul palo... ?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

                           (Quasimodo - Alle fronde dei salici).

 

Il dolore non è mai in una dimensione privata, individuale.

Anche, se noi, nel nostro egoismo, lo confiniamo il più possibile lontano e lasciamo che ognuno pianga i propri morti e le proprie sciagure.

 

Il dolore, infatti, è diventato dopo il peccato una condizione oggettiva e collettiva; il dolore è nelle cose, negli animali, nelle persone, nelle città distrutte e in quelle che si costruiscono. L'uomo sensibile non può estraniarsi dal dolore, isolarsi nei dolci sentieri dell'interiorità; l'uomo religioso deve trascinare sulle sue spalle il peso del faticoso dramma della storia.

 

L'agnello, simbolo di purezza e del Cristo, è accostato dal poeta ai fanciulli - al lamento d'agnello di fanciulli - per accentuare la crudeltà disumana delle sofferenze, che colpiscono chi è innocente ed indifeso.

 

Più di duemilacinquecento anni fa, gli ebrei, deportati schiavi in Babilonia, smisero di accompagnare col suono delle cetre le preghiere ed i canti ed appesero ai rami dei salici le loro cetre in segno di lutto:

 

"Là, presso i fiumi di Babilonia,
sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion.
Ai salici delle sponde avevamo appeso le nostre cetre.
Là, ci chiedevano delle canzoni
quelli che ci avevano deportati,

dei canti di gioia, quelli che ci opprimevano,
dicendo: Cantateci canzoni di Sion!
Come potremmo cantare i canti del Signore
in terra straniera?"
(Salmo 137: 1 - 4).

 

Il silenzio del canto e della poesia è, pertanto, segno di pietà e di rispetto per chi soffre, è voto, offerto a Dio, è protesta contro le atrocità, commesse e che si continuano a commettere.

 

Noi, però, oggi, in un mondo, diventato villaggio, continuiamo a suonare i nostri strumenti, lasciando che il povero diventi più povero e le nostre strade sempre più lastricate di cadaveri, morti di fame! 

 

 

9.   “Il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo

               a coloro che glielo chiedono”

 

Dopo il dono del pane materiale, ma forse, prima, per ricevere la forza di denunciare ogni ingiustizia, di vincere il male, dobbiamo chiedere a Dio un altro pane, il dono dello Spirito Santo.

Creati liberi, ad immagine di Dio, abbiamo bisogno di questo Spirito divino, per vivere pienamente e felicemente, al 100% la nostra esistenza di uomini e di donne.       

I profeti e i poeti del nostro mondo devono cercare di ricomporre i frammenti di una umanità e di una civiltà offese e distrutte dalla violenza e dalla sopraffazione dell’uomo sull’uomo.

C’è una speranza: che dopo tanto orrore, possano nascere o rinascere uomini e donne nuovi, capaci di rendere più vivibile questo nostro mondo. Uomini e donne, conquistati dallo Spirito Santo di Dio.

 

 

L’esempio di Gesù

 

·         Gesù, Tu sei l’uomo della preghiera. Tu sei “Preghiera”.

 

·         Gesù, tu pregavi in luoghi solitari, a lungo, con grande intensità.

        Gli apostoli, affascinati, ti chiedono di insegnare loro a pregare.

        Fa che noi impariamo a pregare, contemplando Te in preghiera.

 

·           Gesù, grazie per averci donato il “Padre nostro”, modello

        di ogni nostra preghiera.

 Concedici di penetrare sempre più a fondo nella comprensione

        di  questa preghiera, perché sia guida luminosa nel nostro dialogo

        con il  Padre.

 

·             Tu  annunci con forza che Dio è il Padre buono,

        che ascolta sempre  la nostra preghiera.

        Aiutaci a comprendere che, con il dono dello Spirito Santo,

        Egli immette in noi una nuova straordinaria energia,

         per vincere… e realizzare l’uomo perfetto,

        che viva nella sua gioia e nel suo amore. Amen  

Condividi post
Repost0
15 febbraio 2013 5 15 /02 /febbraio /2013 16:11

    Preghiera – Dono di Dio

 

 

La preghiera è un dono di Dio, che ci permette di creare in noi come una corrente d’amore e d’amicizia fra Chi è l’inaccessibile e l’invisibile, ossia Dio, e noi, fragili creature, impastate d’umanità e di terra.

 

La preghiera vera, completa, totalizzante è difficile:

Dobbiamo, infatti, mettere in gioco tutto il nostro essere, l’intelligenza, il cuore, l’affetto, la volontà, il corpo, per parlare a Dio e per captare sempre più chiaramente in noi la voce silenziosa di Dio.

 

Quando la preghiera diventa così,    cielo

è una pratica straordinaria, perché ci avvicina a Dio.

   

Come è possibile avvicinarsi a Dio?  

Dio è l’infinitamente distante,

e nessun passo umano può accorciare la distanza, che ci separa da Lui.  

È Dio che ha reso possibile il nostro avvicinarci a Lui.

Perché Dio s’è fatto a noi vicino, vicino nell’amore.

 

                   "Dio ci ha amato per primo"  

 

 

 

 

fiori-di-pero

L'uomo è come un fiore.

L'uomo è fatto per fiorire

in un aprirsi a Dio,

fonte dell'esistere e dell'essere,

e in Dio ai fratelli

in una comunione di carità.

 

Gli oranti,

fiori che fioriscono

lungo le strade,

che portano a Dio.

 

 

Iddio Trino esiste e vive nella comunicazione.

Un Dio d’amore, che desidera dialogare con gli uomini, intrattenersi con loro e raccogliere le loro confidenze.

 

Dio ci prende da parte in un angolo tranquillo, in un giardino, nel giardino dell’amore, per colloquiare con noi.

 

In questo santuario dell’Amore: Dio e l’uomo, intessendo un colloquio, donandosi e comunicandosi vicendevolmente, creano la preghiera.

 

La preghiera autentica non è un semplice atto umano,

ma una comunione d’amore di Dio con la sua creatura.

 

Dio è sempre, in ogni tempo, disposto a riceverci e non cessa di invitarci ad andare da Lui.

 

Gesù, l’espressione perfetta e incarnata dell’amore di Dio, ci ha detto:

 

“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi,

e io vi ristorerò”  (Matteo  11: 28).

 

Dio si rallegra di averci accanto a sé.

 

Quando siamo alla presenza di Dio,

realizziamo di fatto il ritorno

della creatura esiliata verso il seno del suo Creatore.

 

 Oreb-copia-1.jpg

La preghiera è un ritorno a Dio, dopo lunghe ore passate lontano da Lui, in mezzo alle preoccupazioni della terra ed agli affari quotidiani.

 

Un teologo quasi a condanna della vita cosi incalzante dei nostri giorni ci ricorda:

            Dio ha sempre tempo per l’uomo,

Questo è il mistero del suo amore.  

Il problema è

                se l’uomo ha tempo per Dio

e si lasci amare nel silenzio, nella docilità, nella perseveranza, nella fedeltà.

 

 

Nella preghiera l’iniziativa è e rimane sempre di Dio,

della sua bontà, della sua libertà, del suo amore.

 

Dio-Amore è totalmente proiettato con lo slancio di tutto il suo cuore verso la sua creatura:

desidera renderla partecipe della sua intimità, della sua stessa vita infinita.

 

Quando si parla della preghiera cristiana dobbiamo sempre partire da Dio.

Grande, però, è anche la responsabilità dell’uomo nell’accettare, volendolo,

questo dono di Dio, questo dialogo di amicizia che Dio desidera per noi.

 

La preghiera autentica, che è riuscita a rispondere al desiderio, che Dio ha, di stare sempre con noi, continua segretamente in fondo al cuore, anche dopo che abbiamo lasciato il luogo della preghiera.

Allora possiamo anche tornare alle occupazioni della giornata, ma intanto la preghiera non termina il suo lavoro segreto all’interno del nostro cuore.

 

L’orazione del cuore ci porta a quell’intimo dialogo d’amore, in cui la creatura si unisce a Dio nel silenzio di una contemplazione muta, non espressa, ma non per questo meno reale.

 

 

mano dell'uomo nella mano di Dio    La contemplazione è preghiera autentica,

    quando non realizza una fusione

    nell’indifferenziato,

    ma una comunione da persona a Persona,[1]     la quale porta ad essere incorporati

    nel Cristo,

    Parola vivente di Dio-Padre,

    ma anche parola nostra, che si apre a Dio.

   

            Ci eleviamo nella preghiera,

            quando realizziamo l’augurio dell’Apostolo:

 

“Io vivo e non sono più io che vivo,

ma Cristo vive  in me” (Galati 2: 20).

 

 

Liberati interiormente:

nell’orazione e nella nostra vita quotidiana

noi ci trasformiamo in un vaso prezioso,

che invita il Signore a manifestarsi in noi nella pienezza della sua Presenza.

 

Diventiamo così dei Teofori, portatori di Dio.

 

 

Nella preghiera Dio impegna tutto se stesso per un dialogo d’amore e d’amicizia,

perciò noi dobbiamo prendere consapevolezza

che Egli ci sta pensando, ci sta guardando, ci sta amando, sta conversando con noi.

 

Dobbiamo quindi ritirarci dalle cose terrene,

per impegnare tutta la nostra attenzione, il nostro cuore, i nostri affetti in questo colloquio con Dio.

 

Come si riceve il dono della preghiera?

 

“Quando vorrai pregare,

entra nella tua camera e, chiusa la porta,

 prega il Padre tuo, che è nel segreto”  (Mt  6: 6).

 

Quando Gesù ci chiede di chiudere la porta prima di pregare,

vuole ricordarci di dare un taglio alle nostre occupazioni quotidiane e riposarci in Dio.

E questo va fatto per quanto riguarda il cuore, i sensi e le persone.

 

a.        Riguardo al cuore:

 

                                         Nel momento in cui ci mettiamo di fronte a Dio è necessario

                                  che noi gettiamo via tutte le preoccupazioni, i pesi, le ansietà e i timori,

                                  in modo che sia possibile entrare nella pace vera, nel riposo di Dio.

 

b.        Riguardo ai sensi:

 

                                  Siamo spesso assillati da immagini, che colpiscono la nostra fantasia,

                                                                      da parole, che ascoltiamo e memorizziamo.

                                  Occorre fare pulizia interiore;

                                  altrimenti immagini e parole ci tolgono la capacità

                                  di raggiungere un minimo di concentrazione necessaria

                                  per pregare, per metterci di fronte a Dio.

 

c.        Riguardo alle persone:

 

                                       Tutti noi siamo legati ad altri esseri umani

                              e ci preoccupiamo per le condizioni delle persone, che ci sono care,

                                 per la loro salute e per il loro avvenire.

                                 Coviamo, inoltre, nel nostro segreto: ostilità, rancori, odio.

 

Chiudere la porta della tua camera durante la preghiera, significa, pertanto, porre legami affettivi, inimicizie, immagini, suoni, preoccupazioni e timori nelle mani di Dio, in modo che non possano interrompere o inficiare il nostro rapporto con Lui.

 

 Tenda - Tabernacolo

Ogni uomo spirituale deve, pertanto, saper entrare nel segreto del proprio cuore

come in un tabernacolo,

come nella tenda della presenza di Ihwh.

Qui deve saper dischiudere

i suoi segreti più intimi a Dio,

qui prende consiglio e parere dal Signore.

E così, ciò che si apprende,

nel silenzio, intessuto di ascolto,

viene a dirigere l’azione

e tutta la nostra vita quotidiana.



[1] La persona di Dio-Padre.
Condividi post
Repost0
16 dicembre 2012 7 16 /12 /dicembre /2012 20:05

La  Preghiera  nel  cuore  dell’uomo

C’è una poesia di Quasimodo che ritengo ci possa aiutare ad entrare in quella atmosfera fortemente emotiva, richiesta da una riflessione sulla preghiera.

Il poeta immagina un pino che svetta verso il cielo, rimanendo, però, saldamente ancorato alla terra, affonda le sue radici fin nel profondo dell’abisso. Questo pino diventa così, quasi intermediario tra terra e cielo.

Tra le sue fronde, gli uccelli, notturni messaggeri, hanno costruito dei nidi; sia il batter d’ali sia i sommessi urli sono arcane parole di un mistero nascosto.

Come nel pino anche nel cuore del poeta c’è nascosto un nido. Ed egli sta nel silenzio della notte in ascolto d’una voce, che gli canta nel profondo.

 

Pino-cembro 1In alto c’è un pino distorto;

sta intento e ascolta l’abisso

col fusto piegato a balestra.

Rifugio d’uccelli notturni,

nell’ora più alta risuona

d’un batter d’ali veloce. 

Ha pure un suo nido il mio cuore

Sospeso nel buio, una voce;

sta pure in ascolto, la notte.

 

Pregare è, come il pino e il cuore del poeta, porsi tra Cielo e abisso e ascoltare un sommesso batter d’ali veloce e grida d’uccelli, parole che vengono dall’Alto per incontrarti.

                                                                       

Pregare vuol dire rivolgersi a Dio come a un Tu personale [1] e attendere ch’ Egli ci parli.

 

La preghiera è l’incontro tra due persone:  

                                                                                 

·   la personalità di Dio.

  

·   la dimensione personale dell’uomo,

     che si concretizza nella sua capacità

     di conoscenza, di libertà,

     di autodeterminazione, di comunicazione,

     di superarsi, di fare dono di se stesso.

 

 Quando pensiamo a Dio come persona, dobbiamo, sì, pensare a tutte le prerogative umane, ma dobbiamo anche essere consapevoli che Dio le supera infinitamente tutte e inoltre possiede infinite altre prerogative:

                                            Dio è l’ineffabile.

Nondimeno è possibile parlare con Dio, è possibile pregarlo in un rapporto: io -Tu.

Al contempo, però, dobbiamo avvertire tutta la sua grandezza,

                                                 scoprire la sua trascendenza

                                                 e restare stupiti davanti al suo mistero.

 Percepiamo in tutta la sua drammatica realtà questa trascendenza divina nell’impatto scarno, ma estremamente incisivo e globale, che Geremia avverte nella sua vocazione, la quale, di certo, si presenta come uno dei più totalizzanti tra gli appelli che Dio può rivolgere alle proprie creature:

   “Prima di essere formato nel seno materno

                                                                        io ti ho scelto.

ti ho costituito profeta” (Geremia 1: 5).  

 

Geremia, scelto da Dio, prima di iniziare il suo cammino vitale, esiste in quanto scelto, tutto il bagaglio della sua predicazione è in essere nella “mente” di Dio. Poi gli piomba addosso come un macigno.

Ed ecco il grido:

“Ahimè, Signore Dio, io non so parlare, Geremia 3

perché non sono che un ragazzo” (Ger 1: 6). 

 

                                              “Ahimè! Ahimè!

                                              sono solo un ragazzo,

                                              un pizzico di esistenza e di vita.

                                              Come faccio a trasportare

                                              questo macigno?”

 

È nel grido angosciante di Geremia che possiamo riconoscere il nostro grido, e avvertire l’invito all’intimità rivoltoci dal Signore: grido che, a volte, si fa pressante nella nostra vita.

C’è una parola, che viene espressa dal di dentro di noi.

Questa parola è la pietra, che è testata d’angolo:

immenso macigno

che possiamo abbracciare solo nella potenza e nella forza

dello Spirito.

 

Ahimè!  ma il grido, ogni grido,

              finché resta grido d’impotenza,

 è niente, non serve.

 

Il riconoscimento della nostra impotenza deve addivenire preghiera.

Infatti:

Ø        C’è un modo, un solo modo per varcare l’immenso abisso, l’eterna ed infinita distanza tra il nostro spirito e lo Spirito di Dio.

Ø         Un modo, un solo modo per abbracciare la pietra, ch’è diventata testata d’angolo; macigno, che rotola incontro al nostro esistere.

Ø         Un modo, un solo modo per vincere, per vivere al 100%:

 

  preghiera semplice

Pregare gli uni per gli altri, affinché in noi si crei l’amore.                            

C’è la promessa di Gesù:

                    “Dove, due o tre o più                          

                      sono riuniti nel mio nome,

        Io sono in mezzo a loro”(Mt  18:  30).

Se c’è Gesù, c’è l’Amore del Padre, donato all’uomo, c’è lo Spirito Santo, Spirito d’Amore. 

Pregare, perché?  Che cosa succede in noi? Ascoltiamo il profeta Ezechiele:

“Darò loro un cuore diverso.

                Infonderò in essi uno Spirito nuovo,

rimuoverò il cuore di pietra da loro

e metterò dentro di loro un cuore di carne”

                                            (Ezechiele  11:  19).

 

Questo versetto va visto nella sua collocazione comunitaria.

Dio si forma un popolo, raccogliendolo fra le nazioni, dove era stato disperso.

     

E il popolo di Dio si distinguerà dal suo cuore: 

Un cuore di carne: un cuore permeabile, un cuore vivo,

un cuore che palpita, un cuore che sente, un cuore sensibile.

   

È con un cuore di carne che sappiamo udire i gemiti inenarrabili dello Spirito Santo.

  

cielo 2Un modo di essere e di pregare straordinari

Ascoltiamo ciò che afferma l’apostolo Paolo in Romani 8: 26:

 

“Allo stesso modo, ancora, lo Spirito

viene in aiuto alla nostra debolezza,

perché non sappiamo pregare

 come si conviene;

ma lo Spirito intercede Egli stesso per noi

con sospiri ineffabili”

 

Se tu concepissi lo Spirito Santo come un influsso, una forza, faresti e desidereresti quello che voleva Simon Mago.  (Cfr.  Atti  8:  14 - 24).

In pratica tu vorresti servirti della potenza dello Spirito.

Se tu invece cominciassi a pensare che lo Spirito Santo sia una persona, tu allora cominceresti a chiederti:

                                                     “In qual modo lo Spirito Santo

                                                        può prendere possesso di me

                                                         e servirsi della mia persona

                                                                      per compiere

                                                           le sue opere meravigliose?”

 

Che varco incolmabile tra queste due posizioni!

Ricordiamo il grido del profeta Geremia:

                                           “Ahimè, Signore Dio, io non so parlare,

perché non sono che un ragazzo” (Geremia  1: 6).

Ma, sì, che sai parlare!

È sufficiente che permetti a Dio di venire in te, di prendere possesso della tua vita, di parlare

al tuo cuore e con il tuo cuore:

                               sarà Lui a parlare con le tue labbra, con tutti gli atteggiamenti del tuo essere.



[1] Parlare di Dio in terza persona, può essere riflessione, teologia, predicazione, ma non preghiera.

Condividi post
Repost0

Presentazione

  • : Blog di Duilio D'Arpino
  • : libere proposte per conoscere più intimamente Dio
  • Contatti

Profilo

  • duilio
  • Sono vissuto per molti anni in Turchia, per cui oltre al cristianesimo ho anche una conoscenza della religione musulmana ne amo soprattutto la spiritualità, il sufismo.
  • Sono vissuto per molti anni in Turchia, per cui oltre al cristianesimo ho anche una conoscenza della religione musulmana ne amo soprattutto la spiritualità, il sufismo.

Categorie